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GRAZIE ZIO (Seconda parte)


di jeepster
24.10.2024    |    10.843    |    22 9.8
"A questo punto i suoi tentativi si fecero più decisi e dopo un po’ sentii che provava ad allargare ancor di più l’apertura, infilando dentro due dita..."
Dopo un po’ lui si distese e io feci altrettanto, ma in breve tempo lo zio si addormentò, mentre io non riuscivo a smettere di arrovellarmi.
Cominciai a domandarmi cosa zio Paride pensasse di me. Perché mi aveva invitato e insistito tanto? Possibile che avesse premeditato tutto? E come faceva a sapere che io avrei potuto corrispondere ai suoi desideri? Davvero in quelle poche occasioni in cui ci siamo incontrati, lui era riuscito a intuire una mia certa predisposizione di cui neanch’io ero assolutamente consapevole? No, era impossibile. Probabilmente aveva solo pensato di provare a vedere se c’era qualche possibilità, creando la situazione adatta, senza aspettarsi di riuscire ad ottenere quello che voleva.
Ad ogni modo la verità era che io ora avevo scoperto un lato di me che non conoscevo, un desiderio che mi spaventava e allo stesso tempo mi spingeva fortemente verso di lui. Potevo decidere di reprimerlo, ma non avrei saputo dire se questo sarebbe stato più un bene che un male, già sapevo che sarebbe rimasto sepolto dentro di me, per poi riaffiorare in qualsiasi momento. Non sarebbe stato meglio lasciarsi andare e vivere questa esperienza con la leggerezza e la tranquillità che sembrava avesse Paride? Ma poi quali conseguenze avrebbero potuto esserci? Come mi sarei sentito nei confronti di mia moglie? Come potevo continuare a comportarmi come se niente fosse? E se, non sia mai, la cosa si fosse venuta a sapere? Quale trauma avrei inflitto a mio figlio e a tutta la mia famiglia? No, non osavo neanche immaginarlo.
A quel punto, mi venne in mente una vecchia canzone di Paul McCartney, “Waterfalls”, che iniziava così: “Non saltare dalle cascate, resta giù al lago. Quelli che saltano dalle cascate possono fare degli errori. Ma io ho bisogno d’amore, sì, ho bisogno d’amore…”. Con questo brano che mi risuonava in testa finii con l’addormentarmi anch’io.
Quando mi risvegliai vidi Paride che chino su di me mi sorrideva dolcemente.
«Ben tornato tra noi – disse con tono gioviale – direi di mangiare quello che ci siamo portati dietro, prima di tornare a casa».
Su una tovaglia aveva già disposto i panini con lattuga e speck, in un piattino c’erano delle fettine di formaggio e accanto il termos dove aveva versato il vino che era rimasto in una delle bottiglie che avevamo aperto la sera prima; quindi dei bicchieri di plastica e delle salviette di carta.
«Fantastico! – esclamai – ho una fame… »
Notando con quanta gentilezza zio Paride si prendeva cura di me, fui invaso da una sensazione di profonda tenerezza; in poco più di un giorno avevo imparato a voler bene a quest’uomo che fino a ieri m’intimidiva.
Finito di mangiare, ci rivestimmo e tornammo a casa. Durante il percorso non parlammo molto, io ero ancora assorto nelle mie considerazioni; piuttosto era lui che ogni tanto mi raccontava qualche episodio accaduto durante le sue venute in Trentino o mi suggeriva i posti che valeva la pena di andare a visitare, magari l’indomani o in occasione di un mio prossimo ritorno. Ebbi l’impressione che si sforzasse di fare in modo che quanto accaduto poco prima non rovinasse questa breve vacanza e ristabilire quindi un clima di cordiale normalità.
Giunti a casa, eravamo di nuovo tutti sudati, così zio Paride mi chiese: «Vuoi fare la doccia tu per primo? Abbiamo un solo bagno in casa»
«No no, falla prima tu, io posso aspettare… davvero»
«Bene, allora vado» e se ne andò di sopra.
A me venne subito voglia di dare un occhiata al mio cellulare e mandare un messaggio a mia moglie, quindi dopo neanche un minuto salii anch’io di sopra per andare a prendere lo smartphone che avevo lasciato in camera.
Dovetti passare davanti alla porta del bagno che era rimasta aperta e così per un attimo potei intravedere la figura di Paride nudo che, voltato di schiena, stava aspettando che arrivasse l’acqua calda, prima di entrare nel vano doccia. In quel momento ebbi subito voglia di fermarmi a guardare, ma invece oltrepassai la porta velocemente ed entrai in camera mia.
Appena acceso il cellulare notai subito che non c’era campo e che la batteria era quasi scarica, perché avevo dimenticato di spegnerlo una volta arrivato a destinazione, per questo motivo neanche mi ero portato dietro il caricatore. Chiesi aiuto a zio Paride.
Appena fui davanti alla porta del bagno vidi che non aveva chiuso neanche lo sportello del vano doccia e si mandava addosso lo spruzzo della cipolla tenendola in mano. Era voltato di fronte e io restai ad osservarlo in silenzio, provando ammirazione per il suo fisico ancora tonico e prestante. Dopo qualche secondo si accorse di me allora subito dissi: «Zio, non ho campo sul mio cellulare, per caso hai il Wi-Fi qua? »
«Ma non avevi detto che volevi fare a meno del telefonino in questi giorni? » e intanto continuava a bagnarsi e strofinarsi con noncuranza.
«È così, ma volevo solo mandare un messaggio a Barbara per dirle che tutto procede per il meglio»
«Mi fa piacere sentirtelo dire, stamattina a un certo punto ho pensato che con la cazzata che ho fatto avevo mandato tutto a puttane, ma lasciamo stare… il router si trova in camera mia sopra al mio comodino, ma forse lo devi accendere, comunque la password è Paride1967»
Senza indugiare oltre me ne andai nella sua camera e mentre aspettavo che il router si accendesse mi sedetti sul letto e ripensai alla scena di mio zio nudo che avevo appena visto. Mi era piaciuto stare a guardarlo ma stranamente la cosa non mi aveva affatto turbato. Passando davanti alla porta del bagno per tornare di sotto gli dissi: «Fatto, grazie zio»
«Hei! Guarda che io ho finito, puoi anche cominciare a spogliarti, così entri subito e non devi aspettare che arrivi l’acqua calda». Mi fermai sul primo gradino della scala, poi tornando indietro risposi: «Ah, davvero? Allora il messaggio lo mando dopo e intanto metto in carica il cellulare, ho visto che sul comodino hai anche il caricatore»
«Sì, fai pure».
Dopo pochi secondi entrai in bagno, mentre lui aveva iniziato ad asciugarsi; mi spogliai in fretta e, non so quanto casualmente oppure no, ci trovammo entrambi ad appendere a dei ganci vicini tra loro, lui l’asciugamano e io le mie mutande, ch’erano l’ultima cosa che mi ero tolto. In quel frangente i nostri avambracci si toccarono ma nessuno dei due si staccò, come se entrambi avessimo toccato una superficie percorsa dalla corrente elettrica, da cui non potevamo staccarci.
Restammo così per qualche secondo poi i nostri sguardi s’incrociarono, come a voler capire cosa passasse per la mente l’uno dell’altro. Lo zio mi squadrò dall’alto in basso e allora realizzai che per la prima volta mi mostravo completamente nudo davanti a lui. Quando tornammo a fissarci negli occhi, io annui senza dir niente e allora apparve ancora quello strano sorriso sul suo volto.
Ritrasse il braccio e disse: «Aldo, se ti fa piacere posso aiutarti a fare la doccia, così t’insapono bene la schiena e tutto il resto. Che ne dici? »
«Veramente? Sì zio, mi farebbe piacere… ma dici sul serio? »
«Certo che dico sul serio! Però d’ora in poi devi smetterla di chiamarmi zio. Chiamami Paride e basta. Intesi? »
«Sì, d’accordo».
Entrai nella cabina doccia e Paride subito dopo, posizionandosi di fronte a me. La cabina non era troppo piccola, ma per starci in due era necessario che i corpi quasi si toccassero, così riuscii a sentire il suo pene che poggiava sul mio. Questa volta chiuse lo sportello per evitare che si allagasse il pavimento; aprì il rubinetto e l’acqua ancora tiepida cominciò a bagnarci. Prese una saponetta da una mensola e cominciò a strofinarmela sul petto, poi risalì verso le spalle, quindi giù verso le braccia. Di nuovo sul petto e poi scese sull’addome fino a poco sotto l’ombelico. Posò la saponetta e iniziò a spalmare con le mani la schiuma prodotta dal sapone.
Io ero immobile e lo lasciavo fare. La sensazione che provavo era sublime. Sentire il suo tocco, a volte dolce, altre volte più energico, sul mio corpo, mi fece sentire in uno stato di totale relax.
Una sensazione di sicurezza e di abbandono mi pervase, permettendomi di lasciarmi andare e di mettermi letteralmente nelle sue mani.
Riprese la saponetta e stavolta si accovacciò per dedicarsi dapprima ai piedi e alle gambe e poi risalì per strofinare le cosce. Ogni volta che col dorso della mano mi sfiorava senza intenzione i testicoli o il pene, sentivo come un flusso di energia che andava a concentrarsi nella zona pelvica e in breve, senza rendermene conto il mio cazzo diventò duro come il marmo. Paride lo agguantò dolcemente con una mano, dopo aver sciacquato via il sapone.
Alzò lo sguardo e mi chiese: «Posso? »
«Tutto quello che vuoi. Sono tuo, completamente» mormorai.
A ripensarci ora, non riesco a capacitarmi di come possa aver potuto dare una risposta così stupida, eppure lo ricordo bene, dissi proprio così.
Fortunatamente Paride non ci badò molto. Vista la mia titubanza della mattina, quello che gli premeva era il mio consenso e non il modo in cui veniva espresso. Infatti cominciò col fare scorrere dolcemente il mio prepuzio e quando iniziò a leccarmi la cappella, ci fu una specie di esplosione nel mio cervello. Cos’era quella piacevolissima sensazione che partiva dal mio pube ed arrivava direttamente dentro la mia testa? Ma quello era quasi niente in confronto a quello che venne dopo. Mi sembrò quasi che stessi perdendo i sensi quando sentii un gran calore avvolgermi la sommità del cazzo. Paride se l’era cacciato in bocca e ora continuava a stimolare la cappella facendola scorrere al suo interno, muovendo la testa avanti e indietro. Fui così sorpreso che ebbi quasi paura e cosi esclamai: «Oddio! Cosa… » ma non riuscii a terminare la frase; però lo zio capì che stavo per eiaculare e così si arrestò istantaneamente e con le dita strinse forte la base del mio pene, nel vano tentativo di fermare la fuoriuscita di sperma: infatti alcune gocce uscirono. Intanto mi accorsi che il mio pisello pulsava ripetutamente, ma dopo un po’ mi sembrò di aver ripreso il controllo di me stesso.
Senza dire niente Paride raccolse la saponetta e dopo essersela strofinata un po’ tra le mani, cominciò a insaponarmi il pube. Quando l’acqua che continuava a scorrere, ebbe sciacquato via tutto il sapone, si alzò e mi fece segno di girarmi.
Dopo aver insaponato e massaggiato per bene la schiena, passò ai glutei e io sprofondai di nuovo in quel dolce stato di sereno abbandono di poco prima. Provai molto piacere quando iniziò a far scivolare la sua mano nel solco delle mie chiappe e di tanto in tanto provava ad infilare lentamente un dito dentro l’ano.
«Stai tranquillo, rilassati… non sentirai alcun dolore» disse a bassa voce.
Infatti il sapone agevolava notevolmente quei brevi tentativi di penetrazione e la sensazione che provavo era bellissima. Sentii un lieve dolore appena tentò il primo affondo del dito e così gemetti debolmente, ma più per la paura che per il dolore in sé.
«Non aver paura – disse subito – cerca di rilassare il muscolo e spingi in fuori appena provo ad entrare»
E infatti il secondo tentativo non mi provocò nessuna sensazione spiacevole, al contrario emisi un mugolio di piacere. A questo punto i suoi tentativi si fecero più decisi e dopo un po’ sentii che provava ad allargare ancor di più l’apertura, infilando dentro due dita. Anche stavolta solo piacere.
Ripeté l’operazione più volte e io non facevo che mugolare, dimostrando, senza ombra di dubbio, che gradivo molto quelle stimolazioni.
«Mi sembri pronto – disse sempre con quel rassicurante tono di voce – provo ad entrare, ma se senti troppo dolore dimmelo, smetto subito»
«Va bene»
Con estrema lentezza iniziò ad infilarmi dentro il suo grosso affare e a questo punto mi fece un po’ male: «Ah! – gemetti – fai piano»
«Sì, ma non temere, se riesci ad abituarti non sentirai più dolore ma solo piacere. Però devi lasciarti andare, e soprattutto devi desiderarlo fortemente. Io sto impazzendo dal desiderio, voglio entrarti dentro con tutto me stesso. Pero lo devi volere anche tu»
«Sì Paride, lo voglio. Dai, continua! » fu la mia risposta.
Prima lentamente, poi con più decisione, una serie di ripetuti affondi mi provocarono un piacere che non avevo mai provato prima. Le mie braccia appoggiate alla parete della doccia, l’acqua che continuava a bagnarci dolcemente, il corpo di Paride attaccato al mio, i suoi ansimi e le sue poderose spinte, i miei mugolii; in breve raggiunsi uno stato di vera e propria estasi.
A un certo punto la mano di Paride mi afferrò il cazzo e così realizzai di essere di nuovo in tiro, iniziò a masturbarmi e velocizzò i suoi affondi. Dopo poco lo sentii emettere un grugnito rauco e prolungato, percependo una chiara sensazione di caldo dentro il mio retto: mi era venuto dentro. Nel contempo ebbi anch’io un altro orgasmo, guardai il mio cazzo che spruzzava fuori cospicui fiotti di sperma che venivano subito portati via dall’acqua. Poco dopo Paride si sfilò, raccolse la saponetta e con estrema cura e delicatezza, mi ripulì dalla sborra che mi aveva schizzato dentro; si lavò a sua volta e uscì dalla doccia. Dopo essermi sciacquato bene, anch’io andai ad asciugarmi.
«L’ultima volta che sono stato con un uomo, non ero ancora sposato – esordì Paride – ma quello che provato oggi non ha niente a che fare con le mie esperienze passate. Grazie Aldo, per avermi fatto vivere questi bellissimi momenti»
«Grazie a te zio – e quella fu l’ultima volta che lo chiamai così – Per me è stata la prima volta e mai avrei immaginato che potesse essere così bello, spero che non sia l’ultima»
«Ci puoi giurare».
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